08/07/2013
Quella di coltivare tartufi nei propri terreni non è un’idea nuova, ma solo di recente è stata sviluppata una tecnica d’impianto su vasta scala, dando così il la alla tartuficoltura,
che ora coinvolge anche i giardini di piccoli privati.
Il prezioso fungo è diffuso soprattutto in Piemonte, Marche e Toscana, ma la sua cultura si sta allargando e, oltre che alle aziende specializzate, comprende ormai
semplici appassionati.
Gli appezzamenti di questi giardinieri d’elite presto potrebbero rivelarsi una piccola miniera d’oro. Per attivare il proprio microimpianto e avere buone
probabilità di successo bisogna anzitutto valutare le particolari condizioni ecologiche del sito dove si ha intende coltivare i tartufi.
Le tartufaie naturali , infatti, si trovano sempre o quasi in zone di fondovalle, limitrofe ai corsi d’acqua, sotto copertura vegetale e su morfologie collinari sottoposte a
dinamiche di versante; queste ultime creano continue rielaborazioni e disordine nelle particelle del terreno, in cui viene così a crearsi un certo grado persistente di aerazione, umidità e
sofficità.
Per quanto riguarda i microclimi, si prediligono temperature estive non troppo elevate ed escursioni termiche ridotte. Queste, a grandi linee, le nozioni basilari per gli
aspiranti coltivatori di tartufo bianco o nero. Per gusto o per moneta.